sabato 6 agosto 2011

IMPROVVISO PAESE

E all'improvviso mi salta fuori
con le sue case, mi copre il sole
giuro: credevo che fosse altrove
settembre è tardi, sono le nove...
Quante volte ho cantato questa canzone e quante volte ho scosso la testa alle parole "giuro: credevo che fosse altrove", pensando che, se uno collega il nome di un paese ad una persona, o sa benissimo dov'è, o prima o poi gli viene spontaneo andare a guardare sulla carta geografica dove si trova... e quindi questo concetto di Roberto Vecchioni mi è sempre parso una finzione poetico-letteraria, bellissima, sia pure, ma poco, o per nulla credibile.
Eppure quella sera che ero in macchina col papà di Sonia (sembra ieri, ma devono essere passati millenni, sì, perché sto parlando di un tempo in cui lui non era ancora malato... e lei era poco più che una bambina e non aveva ancora avuto tutti i problemi che sappiamo... e Regi era un bambinetto... e Tatiana era ancora di là da venire...), quella volta che stavamo andando in collina a mangiare le salamelle grigliate con la polenta, ricordo che la parola VALGREGHENTINO posta all'entrata di un paese mi ha fatto sobbalzare, tanto che mi sono stropicciato gli occhi per vedere se avessi letto giusto o se la mia incipiente presbiopia, il crepuscolo e la bruma autunnale mi avessero giocato uno scherzo.
In effetti stavamo entrando in Valgreghentino.
Subito il pensiero era volato indietro ad un passato che non rimpiango, certo, ma che conservo gelosamente dentro me, perché è pur sempre una pagina della mia vita: a quando, pochi mesi prima di incontrare il grande amore, avevo messo in scena, con un soldo di sofferenza e due di masochistico autocompiacimento, il mio ultimo psicodramma, l'ultima replica di quello che era stato un topos di tutta la mia adolescenza e della prima giovinezza: un amore unilaterale, non corrisposto, senza speranza, per una ragazza, appunto, di Valgreghentino, località, che, né prima né dopo, ho mai sentito nominare in nessun contesto.
Non ci ero mai stato prima di quella sera, neppure "allora", (nei due o tre appuntamenti che lei si era degnata di concedermi per discutere -invano- le mie profferte, ci eravamo sempre visti a Lecco sul lungolago ed io chissà perché mi ero creato, nella mia mente, una Valgreghentino immaginaria: intanto in alto, molto in alto, arcadica ed isolata, lontana dalle grandi vie di comunicazione sul cocuzzolo di una montagna, tipo Civate, per intenderci poi con tanto verde e pochissime abitazioni e, soprattutto... sulle rive di un laghetto prealpino.
Ed ora una delle "certezze" della mia personale mitologia veniva polverizzata da quel cartello stradale piazzato proprio lì in pianura o quasi, in un ambiente molto, troppo, costruito, con una natura non dissimile da quella delle mie parti.
Lo dissi al papà di Sonia e gli raccontai in due parole tutta la storia, che un giorno o l'altro racconterò anche a voi. (1)
Egli rallentò, forse perché eravamo entrati in un centro abitato, forse, chissà per farmi vedere meglio il posto e sorrise.
"La D*** di Valgreghentino? La conosco". -mi disse- "Quarant'anni portati alla grande... è un'ambientalista sfegatata e..."
Di proposito concentrai la mia attenzione sulla strada intasata di macchine, sulla pioggerellina che cominciava a cadere, rigando i vetri dell'auto, su un cane lupo che per poco non tiravamo sotto e non ascoltai le sue parole. Ci sono ricordi che il presente rischia di falsare ed è un gioco che non vale la candela.
Sono contento di non sapere cosa sia successo a Biancaneve dopo il matrimonio col principe o come sia stata la vecchiaia di Tarzan o l'adolescenza di Cappuccetto Rosso, così come mi spiace (anche se ammetto che è un'idiozia) che ad Itaca ci siano discoteche, fast food e villaggi turistici. Ci sono persone (e luoghi) che devono rimanere "quelli" che abbiamo conosciuto e che abbiamo nel cuore. E' un privilegio delle persone "inventate" dagli artisti e mi piace, le poche volte che lo posso fare, estenderlo anche agli umani.
Con un pretesto cambiai discorso, poi, dopo un po', mi misi a cantare sottovoce.
...e lo ricordo questo paese
ragazza bionda, ragazza bella
non ho più in mente le tue parole,
ma quel tuo viso non si cancella...
Per un istante ebbi la tentazione di modificare un aggettivo del secondo verso, esattamente come allora, quando cantavo Donovan e dicevo "Red is the colour of my true love hair" anziché "Yellow is the colour of my true love hair" come ha scritto il trovatore scozzese, ma mi parve banale... e poi se la canzone è di Vecchioni va cantata come lui l'ha scritta, non vi pare?
(1) Ho mantenuto la promessa scrivendo il racconto “La gita” inserito nella raccolta “Ti racconto una canzone”

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