Io ti prendo come
mia sposa
Nella penombra dolce della chiesa cominciai a sognare ad
occhi aperti. La cerimonia prendeva corpo. Io in vita mia avevo assistito a due
matrimoni: uno da bambino, e lì tutto mi era parso semplice e veloce, il prete
interrompeva la messa in latino, faceva una domandina a cui gli sposi
rispondevano “sì” e via andare. Invece cinque anni fa, al matrimonio di mia
cugina, ero rimasto stupito da tutta la pappardella che gli sposi dovevano
dire… chissà se la leggevano o se la dovevano imparare a memoria? La cosa mi
preoccupava un po’, dato che io di memoria non ne ho mai avuta… Sentivo dietro
di me il respiro dei miei genitori, la mamma che singhiozzava, papà che tirava
su col naso ed ansimava come se avesse l’asma… Camilla bellissima al mio fianco
in un lungo abito bianco che le fasciava i fianchi… Lele e Gigi in blu a fare
da testimoni… il prete che mi guardava con aria interrogativa… toccava a me…Minchia,
devo improvvisare… non c’è niente di scritto, poteva dirmelo prima mortacci
sua… “Camilla, io ti prendo come mia sposa davanti a Dio (beh questa è
facile…)… e ai verdi prati (che stai a dire, Claudio? Mo’ che c’entrano
i verdi prati? Che ne so li ha nominati prima il Gatto, ha detto che qui al
tempo del Manzoni era pieno di prati verdi…)… ai mattini di nebbia (si
vede che sono a Milano) ai marciapiedi addormentati (questa mi è venuta
così…porca zozza, devo andare avanti… il prete mi fa segno di continuare…)
alle fresche sere d’estate, a un grande fuoco sempre acceso (beh dopo tutto
le notti di Marina di Camerota hanno cementato il nostro rapporto…basti pensare
a quella notte di luna… ah sì…) alla luna bianca… alle foglie gialle
d’autunno… al vento che non ha riposo (il vento, certo… ricordo che la sera del primo bacio sul fiume tirava un
vento eccezionale…) al mare calmo della sera (ancora mi torna in mente
quella notte a porto Infreschi…) ed ora? Non è ancora finita? Perché il prete
mi guarda? Io ti prendo come mia sposa davanti ai campi di mimose (un
po’ di femminismo non guasta mai… ma com’è bella Camilla tutta in bianco ah
sì…) agli abiti bianchi di neve… ai tetti delle vecchie case (questa non
so proprio come mi sia venuta…certe volte
mi sembra di essere un poeta…) ad un cielo chiaro e sereno al sole strano
dei tramonti (e dagli col tramonto sei fissato, Claudio… davvero quella sera
sul fiume ti ha fatto breccia nel cuore…ed ora che dico? Il prete mi guarda…
tutti mi guardano…Camilla mi guarda… la città l’ho già messa…il mare l’ho già
messo… ah la montagna ecco…) all’odore buono del fieno, all’acqua pazza dei
torrenti… (finalmente il curato fa segno di darci un taglio) io ti
prendo come mia sposa davanti a Dio. Amen”. La chiesa gremita fino
all’inverosimile sembra esplodere mentre l’organo intona la marcia nuziale; toh
guarda, ci sono anche i francesi che abbiamo incontrato quella sera a Cala
Luna… ma come avranno fatto a sapere del nostro matrimonio? E’ bello sentirli
cantare a piena voce sulle note di Mendhelson:
Claudio et Camilla se
marient
oh le jour benit...
parenti ed amici applaudono, tutti
escono di chiesa prima di noi…ci aspettano fuori… ecco, usciamo
sottobraccio…stringo forte in un bacio appassionato la mia Camilla… tra un
attimo ci lanceranno il riso, i confetti e comincerà la sarabanda delle foto…
Camilla lancerà il bouquet (bellissimo, tutto roselline e margherite)… eccoci,
ragazzi, arriviamo… siamo fuori dalla chiesa.
Non dovevo avere un’ aria molto intelligente quando
uscii. Davanti a me non c’era nessuno… niente genitori commossi, amici
goliardici, conoscenti con i loro consigli risaputi…niente fiori, niente
clacson, niente riso. Solo il Gatto, che mi guardava perplesso tenendo in mano
un barattolo di Carbonesia. Ripercorremmo la strada verso casa sua progettando
le gite dei prossimi giorni… Milano…Como…Monza… Legnano per conoscere la
ragazza del mio amico… Entrammo in casa e sua madre mi guardò con aria
afflitta.
“Claudio… ha telefonato tua mamma… è arrivata la
cartolina precetto”.
* * *
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